In coincidenza con il 35° anniversario della legge 194/78, che disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza, una serie di iniziative, anche in ambito parlamentare, hanno sollevato il problema del bilanciamento tra il diritto individuale all’obiezione di coscienza e il diritto delle donne ad accedere all’Ivg in tutte le strutture sanitarie pubbliche. Secondo l’ultima Relazione del Ministero della Salute, nel 2011, l’obiezione di coscienza tra i ginecologi in Italia era pari al 69,3%. A fronte di questo dato, nonostante la stessa legge 194 escluda l’obiezione di struttura, non sono state adottate misure idonee a garantire la presenza di un numero adeguato di medici non obiettori in tutti gli ospedali pubblici.

Nella Regione Lazio la questione è di drammatica urgenza considerato che:

⁃  secondo le rilevazioni dell’Agenzia di Sanità pubblica del Lazio, nel 2011 su 353 medici l’80,7% obietta e su 398 anestesisti il 72,4%;

⁃  secondo i dati della LAIGA (Libera associazione italiana dei ginecologi per l’applicazione della legge 194) nel 2012, nel Lazio l’obiezione di coscienza tra i ginecologi ospedalieri si attesta al 91,3%; in 3 Province su 5 (Frosinone, Rieti, Viterbo) non è possibile eseguire aborti del secondo trimestre (cosiddetti terapeutici); e in 10 strutture pubbliche su 31 (esclusi gli ospedali religiosi e le cliniche accreditate) non si eseguono interruzioni di gravidanza; tra queste, due sono strutture universitarie (il Policlinico di Tor Vergata e l’Azienda Ospedaliera S. Andrea), che dunque disattendono anche il compito della formazione dei nuovi ginecologi, sancito dall’art. 15 della legge 194;

⁃  secondo l’ultima Relazione del Ministero della Salute sull’Interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine (aborto farmacologico) relativa al biennio 2010-2011, su un totale di 11268 Ivg così effettuate a livello nazionale, solo 361 sono state effettuate nel Lazio, contro le 3083 dell’Emilia Romagna; i presidi che hanno messo a disposizione il servizio sono stati 3 nel Lazio, contro i 20 dell’Emilia-Romagna.

Questi dati si traducono in:

– lunghe liste di attesa per le donne, che spesso portano le gravidanze al limite dei novanta giorni;

– sovraccarico di lavoro dei medici non obiettori, che sono completamente assorbiti dalle interruzioni di gravidanza senza poter esercitare la professione nella sua completezza;

– trascuratezza del servizio prestato (spazi insufficienti e degradati; lunghe ore di attesa; assenza di mediazione linguistica; tempi concitati in cui viene meno qualsiasi attenzione alla salute psicofisica delle donne);

– aumento degli aborti nelle strutture private e quindi una evidente discriminazione economica.

A Nicola Zingaretti, presidente Regione Lazio,
con questo appello chiediamo che nella nostra Regione tutti i presidi ospedalieri pubblici e convenzionati garantiscano l’accesso all’Interruzione volontaria di gravidanza e dispongano di un numero adeguato di ginecologi, anestesisti e personale non medico non obiettori. La legge 194 affida infatti alle Regioni la responsabilità della sua piena applicazione anche «attraverso la mobilità del personale.
Un’impostazione ribadita nel luglio 2012 anche dal Comitato nazionale per la bioetica che ha raccomandato «forme di mobilità del personale e di reclutamento differenziato atte a equilibrare, sulla base dei dati disponibili, il numero degli obiettori e dei non obiettori» e controlli «a posteriori per accertare che l’obiettore non svolga attività incompatibili con quella a cui ha  fatto obiezione».

Auspichiamo anche che i nuovi criteri di selezione dei direttori sanitari, da Lei recentemente annunciati, rappresentino l’occasione per fare dell’impegno per la piena applicazione della legge 194 un requisito di merito nella scelta di chi dovrà dirigere le Asl del Lazio.

Cordiali saluti,

firma la petizione

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